Non era sparita più, dopo quel bacio.
Elita ricominciò a venire da me quasi ogni sera. Sempre tardi. Sempre senza avvisare.
Suonava piano. Una volta. Due. Poi attendeva. Quando aprivo, non diceva nulla. Entrava, si toglieva il cappotto, e si sedeva sul divano. In silenzio. Come se facesse parte della casa da sempre. Come se mi avesse sempre conosciuto.
Le nostre conversazioni erano lente. Sparse. Non parlavamo di cose importanti. Non cercavo di forzarle la memoria, e lei sembrava grata di questo.
Mi chiedeva cosa ascoltavo. Cosa leggevo. Mi osservava cucinare, o sfogliare vecchi album di fotografie senza riconoscere nessuno.
Ogni tanto si appoggiava a me.
La sua testa sulla mia spalla. Gli occhi chiusi.
Non dormiva. Lo capivo dal respiro. Era sveglia, in ascolto. Di me. Del mio cuore. Di qualcosa che non potevo vedere.
E poi, ogni volta, se ne andava prima dell’alba.
Sempre senza rumore.
Ma dentro di me qualcosa cominciava a cambiare.
Era come se… la mia realtà stesse diventando più sottile.
Più fragile.
I sogni erano strani. Non incubi veri e propri, ma immagini che restavano addosso per ore.
Era come se mi baciasse con la mente.
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Poi un giorno accadde qualcosa di strano..
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Il vento freddo ululava tra i cavi elettrici, facendoli oscillare.
Fissavo la schiuma della birra che svaniva lentamente nel bicchiere, le orecchie ancora ronzanti dalle battute di Josh.
- Allora, Romeo, - aveva ghignato oggi il mio amico, il sudore della fatica ancora lucido sulla fronte mentre reggeva il cric, - hai trovato un'altra tipa con cui scaldarti. -
Il sapore metallico della rabbia mi era salito in gola prima ancora che potessi controllarlo.
- Fanculo, Josh. -
- No dai, scherzo! - aveva riso l'altro, ma il sorriso non raggiungeva gli occhi. - Ma guarda che sta cosa della tizia misteriosa è da film di merda. Sarà una tossica o una squillo.-
Il pugno mi era partito da solo.
Più forte del previsto.
L'urto contro la spalla muscolosa di Josh mi aveva trasmesso un brivido doloroso fino al gomito.
- Occhio a come parli. -
Josh aveva sogghignato, massaggiandosi la spalla, ma qualcosa tra noi si era incrinato.
L'aria si era fatta pesante, carica di una tensione che non c'era mai stata prima.
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Ora, seduto al bancone del Rusty Nail, giravo il bicchiere tra le dita, osservando come la luce al neon trasformava il liquido ambrato in oro fuso.
Fuori, la neve aveva ripreso a cadere, fiocchi larghi e lenti che si schiantavano contro le finestre come falene attratte dalla luce.
- Un altro? - il barista, un tipo sulla sessantina con tatuaggi che affioravano dalla camicia a quadri, indicava il bicchiere quasi vuoto.
Stavo per annuire quando il telefono vibrò.
Un messaggio di servizio del dipartimento di polizia:
<<Tutti i dipendenti della Superior Auto si presentino immediatamente in officina. Incidente sul lavoro.>>
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Il ghiaccio mi scese lungo la spina dorsale.
Josh lavorava lì.
La Jeep sbandò due volte sulla strada ghiacciata prima di raggiungere l'officina. Un assembramento di auto di servizio bloccava l'ingresso, luci rosse e blu che si riflettevano sulla neve in schemi ipnotici. Parcheggiai di traverso e corsi verso l'ingresso, il cuore che batteva a martello contro le costole.
- Fermo! - Un agente mi sbarrò la strada. - Solo personale autorizzato.
- Lavoro qui! Josh è... è mio amico. Cos'è successo? -
L'uomo mi squadrò con occhi stanchi, poi fece un cenno con la testa verso l'interno. - Aspetti qui il capitano. -
L'attesa durò forse cinque minuti, ma mi sembrò un'eternità.
Quando il capitano Harris emerse dall'edificio, il volto scavato sembrava invecchiato di dieci anni.
- Anderson. - La voce era piatta, professionale. - Quando hai visto Josh l'ultima volta? -
- Stamattina. In officina. Abbiamo... discusso. - Le parole mi si incastravano in gola. - Cos'è successo?
Harris esitò, poi fece un cenno a un tecnico forense. - Mostragli le foto. Solo quelle del contesto. -
Il tablet che mi fu piazzato sotto il naso mostrava l'interno del garage principale. Gli attrezzi in ordine, la macchina sollevata sul ponte... e poi quel groviglio di carne e ossa appeso a un gancio da carico.
Mi portai una mano alla bocca.
- Le ossa sono tutte rotte, - spiegò il tecnico con voce neutra. - Come se qualcuno lo avesse stritolato. E la lingua... -
- Basta. - Harris riprese il tablet. - Hai idea di chi potesse avercela con lui? -
Scossi la testa, la nausea che mi risaliva dallo stomaco.
I pensieri mi si accavallavano: le parole di Josh su Elita, il nostro litigio, quel sorriso beffardo...
- Chiunque sia stato, - sussurrò Harris guardando verso l'edificio, - sapeva esattamente cosa stava facendo. -
Mentre tornavo alla macchina, le gambe che vacillavano sotto di me, pensai agli occhi di ghiaccio di Elita, senza sapere perché..
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